Corea del Nord: i casinò tra junkets, cryptovalute e nucleare
Lo stato di salute dei casinò in Corea del Nord ci porta a fare una riflessione necessaria: il gioco in quanto tale sembra essere l'ultimo degli interessi che mantengono in vita queste strutture. Le notizie che arrivano da Pyongyang e dintorni, infatti, sono tutt'altro che confortanti.
Corea del Nord, i casinò per aggirare le sanzioni
Un primo passaggio decisamente torbido sui casinò in Corea del Nord riguarda una struttura in particolare. Stiamo parlando del Ryugyong Hotel di Pyongyang. L’edificio, secondo i piani di Kim, ospiterà a breve proprio una casa da gioco. Si tratta di una strategia apparentemente vincente, in quanto prevede un forte aumento del flusso di turisti nella capitale dello Stato.
Tuttavia, ben presto i nodi sono venuti al pettine, in quanto una fonte anonima ha svelato a chi verrà affidata la gestione del futuro casinò di Pyongyang. Ufficialmente si tratta di uno o più imprenditori stranieri, con esperienza di lunga data nel settore. Di fatto, si tratterà quasi certamente dei famigerati junkets provenienti da Macau, non soggetti di primo pelo.
Inoltre, i casinò in Corea del Nord sarebbero diventati uno strumento per aggirare le sanzioni internazionali legate al flusso di denaro da Paesi esteri. Il Governo, infatti, da anni approfitterebbe di regole non certe e di ambienti poco controllati per recuperare soldi proprio attraverso le case da gioco. Un piano ben architettato e già posto all’attenzione dell’intelligence del Regno Unito.
Il bancomat di Kim per il suo arsenale nucleare
Di questa situazione decisamente torbida si è occupata anche la stampa italiana generalista. Come si legge in un articolo sul quotidiano Il Giornale, infatti, il Governo nord-coreano sfrutterebbe il settore del gambling e i sofisticati meccanismi legati alle criptovalute per occultare al meglio i guadagni dalle case da gioco. Un flusso di denaro ingente che arricchirebbe un settore specifico.
Kim Jong Un, infatti, punterebbe sugli introiti dei casinò della Corea del Nord per finanziare l’arsenale nucleare dello Stato. Una scelta resa possibile proprio grazie al ricorso alle cryptovalute che, in quanto più difficili da tracciare per le banche centrali e i Governi esteri – in primis quello degli Stati Uniti – consentirebbero di far arrivare più facilmente il denaro.
In questo contesto tornano in auge le figure dei junkets. Questi intermediari si sono ormai specializzati anche nelle cryptovalute e sarebbero parte integrante del piano di Kim. Sempre secondo l’articolo sopra citato, infatti, questi soggetti sfrutterebbero l’inconsapevolezza dei ricchi imprenditori, ma anche le falle del sistema per trafugare ingenti quantità di denaro e infine riciclare centinaia di milioni di dollari.